I trascorsi sono all'insegna di nonna Colomba:
una vita a lavorare di fantasia per rendere appetitosa una cucina fatta
di niente e poi le ore al lavatoio pubblico, e la sera a confezionare a
mano sacchetti di carta d'Amalfi. Ma lavorare stanca, ricorda Cesare Pavese,
e a Colomba, dalla sua sedia a rotelle, non resta che trasmettere la lezione
di una cucina fra campagna e mare.
L'erede è Luigi, il figlio appena quindicenne. Sul tessuto antico di pietanze
povere e casalinghe (tanto orto e tanti legumi, pasta fatta a mano, un po' di
novellame o di pesce azzurro), il giovane adegua la tradizione ai tempi.
Poi nel '68 l'occasione di un buco, proprio a due passi dalla Cattedrale,
il che significa nel cuore di Amalfi e affianco al più celebrato monumento
della sua storia. I tavoli sono appena cinque e sul nome Luigi non ha dubbi:
da Maria, in omaggio alla moglie che tanto, e più di lui, ha incoraggiato questa imprese.
Donna Maria è ancora li, attiva e prodiga di consigli, ma ha passato
la mano ai figli. Il locale intanto è cresciuto, e l'architettura d'impronta
amalfitana è delle più invitanti.
La Famiglia Pisacane ha una carica di simpatia e un tratto nell'approccio non comuni, sono gli osti che tutti vorremmo incontrare.
Il menu ricchissimo e stimolante, lasciatelo da parte (o se credete portatelo via perché è esteticamente un'opera di gusto e fantasia) e rivolgetevi a loro, con piena fiducia.
Allora, con un fare e una gestualità che richiama quella dei cantori di un tempo, ascolterete di linguine con alici fresche o con patelle, di tubetti con moscardini, di pesce bandiera marinato, di melanzane a barchetta, di padella di zucchette e patate.
Un insospettabile elenco che tiene conto sostanzialmente di due cose: il territorio, che qui spazia fra monti e mare, con inevitabili intrecci; e la stagione, con il variare dei suoi frutti. E se la stagione è quella giusta, certamente assaggerete vino e percoche (una particolare specie di pesche gialle che matura prima: di qui precox, con la comprensibile corruzione). Anche la cantina, ricca di doc nazionali, privilegia i grandi vini campani.
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